"Da questa sconfitta fiorirà la futura vittoria. 'L'ordine regna a Berlino!'. Stupidi assassini! Il vostro ordine è costruito sulla sabbia. Già domani la rivoluzione si rimetterà in piedi e con un suono di tromba annuncerà, con vostro profondo orrore: 'Ero, sono, sarò!'"
Rosa Luxemburg, il giorno prima di essere catturata e uccisa.

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Camorra. Non un fenomeno antisistemico, ma conseguenza stessa del capitalismo

Siamo abituati a vedere la camorra e le altre forme di criminalità organizzata come un fenomeno antisistemico, e forse anche i giovani affiliati ai clan (mi riferisco a quelli che si trovano in fondo alla piramide) hanno questa concezione. Invece non è cosi, ed il riferimento non è solo ai fenomeni di corruzione o di vicinanza con certa “politica”, il ragionamento è molto più ampio.

Tuttavia prima di arrivare ad un analisi generale è opportuno dedicare un po’ di attenzione alla situazione particolare che quotidianamente vivo, la situazione della mia terra: Napoli.

Dalle mie parti, soprattutto in periferia, è facile imbattersi in una serie di piccoli comuni soffocati dal cemento. Per anni la parola d’ordine è stata: costruire, e si è costruito, con piani regolatori ad hoc che invece di puntare sulla vivibilità delle città, hanno mirato solo ed esclusivamente a fare aumentare i profitti dei grandi costruttori, di frequente legati ad interessi di stampo camorristico. Cosi, con il passare degli anni, la speculazione edilizia non solo ha creato accozzaglie di cemento dove è impossibile condurre una vita decente , ma è andata a riempire le casse della camorra. Sarebbe però ingenuo pensare che il giro di affari si ferma qui. I guadagni sono innumerevoli e il più delle volte quelli più redditizi sono ignorati dalla stragrande maggioranza delle persone, che ha ancora l’idea, molto lontana dalla realtà, del “camorrista da fiction”. C’è però un'altra questione che è importante toccare: Il dato elettorale e la forte influenza della criminalità organizzata sulle giunte locali (soprattutto quelle meridionali). Basta analizzare i dati di ogni tornata, per accorgersi che insieme ad alcuni personaggi “politici” si muovono anche grandi fette di elettorato, ciò a significare come sia forte l’influenza dei clan in alcuni territori e come questi riescano ad orientare le politiche delle varie giunte. Senza alcuna difficoltà, è possibile affermare che nella stragrande maggioranza dei consigli comunali del Meridione, gli interessi della camorra o comunque delle varie mafie trovano sempre un rappresentante diretto. Fortunatamente, in alcune circostanze, i rapporti di forza politici sono sfavorevoli alle organizzazioni criminali, ma anche quando queste ultime non sono particolarmente forti, segnano comunque la loro presenza e ad ogni passo tentano di deviare il percorso dell’amministrazione.

Pensare di risolvere questi problemi con la repressione e con gli eserciti è qualcosa di folle. Il problema è, infatti, culturale, ma soprattutto sociale. Interi territori lasciati al degrado più totale non possono che essere terreno fertile per i clan e per la loro opera di reclutamento. Mi limito a fare un solo esempio per dimostrare come una deriva culturale e sociale possa spianare la strada a queste organizzazioni, parlando dell’Ilva di Bagnoli e più in generale del quartiere operaio che era ad essa collegato. A Bagnoli, la camorra, era praticamente assente. Il livello culturale medio era piuttosto elevato e i lavoratori avevano un tenore di vita rispettabile. Poi un giorno si decise che quella doveva diventare una zona turistica e che quella fabbrica (che grazie all’impegno e al lavoro dei suoi operai era diventata l’orgoglio del mezzogiorno), doveva essere chiusa, e cosi si avviò la dismissione. L’impatto sociale fu tremendo, una vera e proprio macelleria di cui, ancora oggi, si pagano le conseguenze; ma quello che mi interessa sottolineare e che da quel giorno la camorra iniziò ad entrare anche a Bagnoli. Ma torniamo alla questione più generale e cioè la camorra vista non come un movimento antisistemico. In una società capitalistica basata sull’accumulazione di capitale, che pone al centro non il benessere della collettività ma l’aumento del profitto, è naturale che si sviluppi un pezzo di mercato illegale, che si muove nell’ombra e cerca di trarre vantaggio da tutto ciò. Il camorrista è, in tal senso, prima di tutto un imprenditore e se in una economia di mercato l’unica cosa che conta è battere la concorrenza, ogni mezzo diventa lecito. Dunque le mafie non si pongono in opposizione al capitalismo, ma sono una sua diretta ed inevitabile conseguenza. Ecco perché la criminalità organizzata non interessa solo alcune area geografiche (dove magari e più visibile) ma è un fenomeno globale. Nonostante questo non può mancare la fiducia che un giorno la barbarie capitalista finirà e con lei tutte le barbarie ad essa collegate.

di Beniamino Simioli - Comitato di Gestione dei Giovani Comunisti di Napoli
pubblicato anche su: www.sinistracomunista.it

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