"Da questa sconfitta fiorirà la futura vittoria. 'L'ordine regna a Berlino!'. Stupidi assassini! Il vostro ordine è costruito sulla sabbia. Già domani la rivoluzione si rimetterà in piedi e con un suono di tromba annuncerà, con vostro profondo orrore: 'Ero, sono, sarò!'"
Rosa Luxemburg, il giorno prima di essere catturata e uccisa.

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Maurizio Sacconi, due o tre cose che sappiamo di lui

di Maria R. Calderoni
su Liberazione del 07/02/2009


Niet niet niet e poi niet. Dietro la sua larga, paffuta fisionomia di gentiluomo assai contento di sé, Maurizio Sacconi (da Conegliano, classe 1950), ministro di quasi tutto - lavoro, salute, welfare - nasconde una tempra di celodurista, altro che Bossi. Su Eluana come un dio giove ha scagliato l'Atto - si chiama precisamente "atto di indirizzo" - con il quale proibisce a tutti tutti gli istituti sanitari del Regno l'utilizzo di qualsivoglia pratica di interruzione di alimentazione forzata, pena l'esclusione totale e immediata dalle convenzioni del Servizio sanitario nazionale. Perbacco.
Come si sa, l'Atto - che oltretutto non ha valore vincolante, né contenuto prescrittivo - non ha fermato il tormentato viaggio della sfortunata ragazza presso la clinica di Udine che ha deciso di non accettare diktat del ministro tuttofare. Ma lui, lì dalla sua poltrona di via Veneto, continua ad eccitarsi: secondo i bene informati ci sarebbe sempre e ancora lui, ligio ai voleri del Vaticano, dietro il nuovo repentino mutamento di Berlusconi - appena ieri deciso, sulla tragedia Eluana, a seguire Fini nel dovuto silenzio e ora invece pronto allo scontro istituzionale con il Quirinale.
Maurizio Sacconi da Conegliano. Un immarcescibile esemplare della razza politica nostrana, formidabile nell'arte sublime di restare a galla e di non mollare la presa (poltrona). Uno ferratissimo, che ha battuto in tale arte un De Michelis e un Claudio Martelli, figurarsi. Laureato si è laureato, in giurisprudenza, e ha insegnato per un po' economia del lavoro a Tor Vergata; ma per il resto della sua bella vita è stato sempre e solo "in" politica. Ci si è trovato bene, hic manebimus optime .
In una recente intervista, rilasciata a Libero poco dopo le ultime elezioni, quelle che lo hanno riportato a Palazzo come esuberante ministro berlusconesco, confessa con candore la sua indole naturalmente ondivaga, incline al mutamento: «Ero socialdemocratico già alle medie, ma mi vestivo come i Village People», pantaloni a zampa d'elefante, cinturone, eccetera. Da socialdemocratico quale è sin dalle medie, si iscrive però al Psi e non sta con le mani in mano; nel '79 è già deputato; è un fido di Bettino, un entusiasta del mitico Midas, lo dice lui stesso, mettendosi nel mazzo con Brunetta, Tremonti, Frattini, Bonaiuti: «Noi siamo i ragazzi che si formarono in quella che io chiamo "la felice esperienza degli anni Ottanta", la cultura riformista che fiorì grazie a Bettino Craxi, ma anche a Gianni De Michelis e a Giuliano Amato». Detta anche la "Milano da bere"...
Begli anni per Maurizio Sacconi da Conegliano, quelli. Nel segno di Craxi va via liscio e felice per quattro legislature, dal 1979 al 1994, egregiamente barcamenandosi tra commissione industria e bilancio, quattro volte sottosegretario; e anche con un giro (80-81) in Legambiente come presidente nazionale. Mai senza poltrona, VIII, IX, X, XI legislatura lo vedono sempre lì, indistruttibile («anni intensi, mi divertivo moltissimo a imitare i colleghi di partito, sopratutto lui, Craxi»).
Peccato che poi arriva Tangentopoli. Veramente lui la chiama «quel colpo di stato mediatico-giudiziario». Deve mollare l'osso, viene giù tutto, nei dintorni di garofano e scudocrociato, «un incubo, arrivavo a provare sentimenti di odio e di rancore verso i responsabili di tale crollo», confessa (si può ben capire...). Caduto giù, con la poltrona perde anche la fede («sempre stato cattolico»), non c'è più trippa per gatti, allora che si fa? «Cercai di salvarmi la testa. Per fortuna c'era un treno che partiva e io lo presi», destinazione Oil, Organizzazione internazionale del lavoro, Agenzia delle Nazioni Unite, sede a Ginevra. Nessun dorma. Nel frattempo è infatti comparso Berlusconi, e l'ex fan di Craxi non perde tempo; nel 1994 ce l'ha già in tasca, la tessera azzurrina di Forza Italia («fu un passaggio naturale, spontaneo, immediato»), parole sue.
Beh, l'Oil è una parentesi; XIV, XV, XVI legislatura, lui è lì: Maurizio Sacconi, presente (e con la poltrona ritrova anche la fede). Il suo grande cruccio è di non essere mai andato ad Hammamet a trovare Craxi e il suo dolore ancora cocente è l'uccisione di Marco Biagi, di cui era amico e col quale nel 2001 ha collaborato alla stesura del discusso "Libro bianco".
Senza pentimenti e rimpianti, apodittico ed integrato, Maurizio Sacconi fa parte di quella schiera di ex Psi che hanno trovato in Berlusconi il proprio destino, my destiny, la seconda vita e la poltrona eterna. Grazieadio, Berlusconi è colui che ha apprezzato e rivalutato «il grande impulso modernizzatore di Craxi». Sostiene Sacconi.
Vestivamo alla Village People. In attesa dei suoi nuovi exploit "modernizzatori" in materia di lavoro-salute-welfare, qualcuno ha di recente messo in rete titoli del tipo: "Il ministro va a letto con la lobbysta". Il ministro è proprio lui, Sacconi e la lobbysta sarebbe una signora in carriera che di nome fa Enrica Giorgetti, direttore generale di Farmindustria, nonché sua moglie. Fatemi capire bene: magari non sarà lobbysta, ma la moglie del ministro del welfare, al quale tra l'altro spetterà il compito di fissare i prezzi dei farmaci, è proprio il direttore generale di Farmindustria, la Confindustria dei farmaci?

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